Carissimi,
cercherò di essere essenziale, anche perché tra gli intenti del Comitato organizzatore vi era l’obiettivo che in questi igorni non ci si perdesse in chiacchiere e passerelle.
Di per sé, l’iniziativa d’indire un Forum degli Amministratori campani nasce dal rifiuto di aderire alla rassegnazione, all’idea che ormai i giochi siano stati fatti e che l’unica possibilità rimastaci sia quella d’insistere in una sorta di accanimento terapeutico per ritardare, quanto più possibile, la morte dei nostri territori. È necessario, però, agire non in maniera disorganica o, ancor peggio, scomposta, ma in base a una progettualità profetica, con “un progetto strategico di lunga gittata che miri a privilegiare l’interesse comune, il quale solo può consentire il benessere di tutti, singole persone come enti locali” (Vescovi della Metropolia beneventana, Mezzanotte del Mezzogiormo? Lettera agli Amministratori).
Sia ben chiaro, non pretendiamo, né intendiamo, sostituirci a nessuno arrogandoci compiti non nostri. Non spetta a noi formulare progetti di chiara valenza politica e sono ancor meno di nostra competenza i programmi. Piuttosto, in ossequio a quello che è il nostro compito di pontefici, ai quali spetta essenzialmente costruire ponti, intendiamo proporre un metodo che, così in politica come in economia, tenga fermo il primato della comunione. E il metodo è quello del camminare insieme, di “fare rete, quindi, gioco di squadra, programmando insieme una politica di sviluppo: se riuscissimo nell’intento, tutti ne trarremo vantaggio; in caso contrario, tutti saremo destinati a perdere” (ibidem).
Da parte mia – ma ritengo senz’altro d’interpretare anche il pensiero dei miei Confratelli nell’episcopato – sono convinto che un serio progetto per le Aree interne avrebbe ricadute positive, non da ultimo sul piano economico, per tutta la Nazione. In un contesto più a misura d’uomo, in cui i rapporti umani sono più forti e stabili che non nei grandi raggruppamenti urbani o – peggio ancora – nelle aree metropolitane, risulta infatti più facile allacciare quei legami di solidarietà che in altri contesti è invece lo Stato a dover garantire – peraltro, non sempre in maniera efficiente o efficace – con un grosso dispendio economico. Chiarisco il mio pensiero con un esempio concreto. Qualche settimana fa sono stato a Ceppaloni, dove, insieme al parroco del luogo, mi sono recato a portare la “Comunione” ai malati in occasione del primo venerdì del mese: ebbene, in quel piccolo Comune ho trovato persone che si prendevano cura dei vicini anziani, altri che davano – diremmo così – “un’occhiata” a uomini e donne d’età più avanzata vigilando su di loro a distanza, proprio come faceva Miriam, la sorella di Mosè, quando il fratello infante fu affidato in un cesto alla Provvidenza. Ebbene, seguendo questo esempio quante persone potrebbero vivere in modo più dignitoso e sereno la propria vecchiaia anche nei nostri territori? Quanto beneficio economico ne trarrebbe lo Stato, se vi fosse un progetto serio per rivitalizzare anche in tal senso le nostre terre?
Un ulteriore elemento di riflessione lo traggo dagli stimoli che mi ha fornito uno di voi, vale a dire uno dei Sindaci del territorio dell’arcidiocesi beneventana: colloquiando insieme al termine di uno degli incontri che annualmente promuovo con i Sindaci della diocesi, egli mi suggerì l’idea che in fondo molte cose potrebbero cambiare se il criterio del numero della popolazione non fosse l’unico in base al quale assegnare le risorse. È facile infatti comprendere che, a partire da questo dato di fatto, le nostre Provincie, povere di popolazione, risultano inevitabilmente per essere anche povere di risorse. E tuttavia, a fronte di questa carenza di fondi, esse pur debbono provvedere a un territorio vasto, in gran parte collinare o montano, nel quale le comunicazioni risultano assai più difficili e quindi più dispendiose. Perché non tener conto, quando si assegnano le risorse, anche della porzione e della tipologia di territorio a cui una determinata amministrazione deve provvedere?
Mi fermo qui. Spero che i lavori di questi giorni risultino proficui e, soprattutto – è il nostro obiettivo primario –, che possano avere un seguito fecondo.