Fare innovazione nelle scuole. Su questo importante tema si è svolto il secondo incontro di “Cives – Laboratorio di formazione al bene comune”, promosso dall’Ufficio per i Problemi Sociali e il Lavoro della Diocesi di Benevento in collaborazione con il Centro di Cultura “Raffaele Calabria” e con l’università Cattolica del Sacro Cuore.
“La scuola è la più grande risorsa del nostro paese – così ha introdotto i lavori Ettore Rossi direttore diocesano dell’Ufficio per i Problemi Sociali e il Lavoro –. Essa è un presidio importante anche per la vita delle nostre comunità. Nel nostro percorso formativo intendiamo avanzare proposte concrete per costruire alleanze virtuose nel territorio, mettendo al centro le istituzioni scolastiche, in vista del bene comune”.
Il secondo incontro è stata l’occasione per l’Arcivescovo di Benevento Mons. Felice Accrocca di dare il suo incoraggiamento a CIVES, quale iniziativa diocesana orientata alla formazione all’impegno sociale. In rifermento al tema trattato Mons. Accrocca ha detto: “Nella scuola bisogna ritrovare quello stile di docenza espressione della volontà di trasmettere e di apprendere. Ogni innovazione che si intende introdurre abbia questo stile”.
Ha relazionato sul tema la giornalista Dott.ssa Luisa Arezzo, direttore di ScuolediRoma.it e presidente dell’Associazione Scuola Maestra. La sua riflessione ha posto al centro del suo intervento l’esperienza di “scuole aperte” che si sta sviluppando in alcune città italiane (Roma, Milano, Firenze ed altre) che potrebbe essere ripresa anche nella realtà del Sannio. “La Scuola Aperta è un immenso patrimonio immobiliare – ha spiegato la giornalista Arezzo – messo a disposizione delle energie diffuse delle nostre città, dei nostri paesi. Le esperienze in atto sono forse più avanzate nelle grandi città, ma il principio della Scuola Aperta risponde perfettamente alle dinamiche e alle esigenze anche delle comunità più piccole, di cui è fatta l’Italia”. Ai presenti è stato spiegato come attraverso questa iniziativa si riesce a tenere aperta la scuola oltre il suono della campanella nelle altre ore del giorno, negli altri giorni dell’anno, per tutte le età e per tutti: nonni, giovani, associazioni di quartiere, imprese creative, istituzioni. “Si organizzano corsi per insegnare l’italiano – ha continuato Luisa Arezzo – a chi cerca un’integrazione e l’arabo o il cinese a chi cerca un’internazionalizzazione. Si ospitano incontri per le associazioni che non hanno un luogo. Si promuovono attività sportive e ricreative. Si realizzano percorsi di conciliazione vita/lavoro”. Con questo tipo di progetto si da vita ad un polo civico di cittadinanza attiva. Gli attori in campo sono almeno tre: il Comune con il ruolo di facilitatore del dialogo tra comunità e territorio; la scuola, nelle persone del dirigente o dei docenti, che si mette in una posizione di ascolto dei bisogni delle famiglie e degli studenti; i genitori in quanto cruciali attivatori di relazioni, con il compito di definire nuove forme del vivere comunitario e sociale.
Da dove si Parte? “Con un progetto di scuola aperta si concretizza la possibilità di collaborare con altri genitori, formando, per esempio, una nuova associazione, oppure affidandosi a quelle già presenti sul territorio”. Più concretamente, lo spazio scuola si articola in tre ambiti: didattico, extracurriculare e serale.
In prospettiva, la modalità di Scuola Aperta non dovrebbe essere più l’eccezione ma la regola. E’ un’opportunità per favorire un nuovo protagonismo dei genitori, in controtendenza con la scarsa partecipazione degli stessi agli organi collegiali scolastici.
Ha poi portato il suo saluto all’iniziativa la dott.ssa Emilia Tartaglia Polcini dell’Ufficio scolastico provinciale, che ha sostenuto: “La scuola innovativa ha il suo cuore nel dialogo e nella nostra realtà sono stati fatti tanti passi avendo a riferimento questo valore”. A nome dell’Ufficio ha assicurato sostegno ad iniziative che realizzino progetti di Scuola Aperta.