Cives: “Un sistema ospedalocentrico fallisce quando non c’è una forte medicina di territorio”

 Si è svolta, a cura di Cives – Laboratorio di formazione al bene comune, la seconda videoconferenza nell’ambito del nuovo ciclo di iniziative “Cives in Dialogo” che ha affrontato il tema: “Progettiamo la medicina di territorio del dopo Covid al servizio delle persone”.

I lavori sono stati introdotti da Ettore Rossi, coordinatore di Cives a cui hanno fatto seguito gli interventi di Gennaro Volpe, direttore generale dell’Asl Benevento; di Giovanni Pietro Ianniello, presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della provincia di Benevento; di Vincenzo Luciani, segretario provinciale di Benevento della Fimmg (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale) e di Pasquale Zagarese, direttore Ufficio per la Pastorale della Salute della Diocesi di Benevento.

“Siamo partiti, in questa vicenda pesante del Covid, dall’osservazione nelle nostre realtà della debolezza estrema della medicina pubblica di territorio. Solo oggi, nella difficoltà, ci rendiamo conto degli effetti operati dai tagli che da qualche decennio sono stati realizzati. Accade troppo spesso che le persone e le famiglie, soprattutto quelle con scarsi mezzi e prive di supporto relazionale, si sentano drammaticamente sole nell’affrontare i problemi sanitari che insorgono. Siamo ancora nel pieno della pandemia, dove la priorità è rispondere alle pressanti problematiche del quotidiano sanitario, ma dobbiamo anche cercare di imparare dagli enormi errori compiuti per progettare un futuro in cui si possa gestire con maggiore capacità organizzativa le situazioni” ha esordito Ettore Rossi che ha aggiunto “Va rimesso al centro del sistema sanitario la persona facendo diventare il concetto di prossimità un elemento decisivo. Nel manifesto di Cives per una città più coesa, solidale, innovativa e felice immaginiamo la figura dell’infermiere di comunità che, operando sul territorio, potrebbe intercettare quei bisogni che spesso non vengono interpretati nella misura corretta”.

Giovanni Pietro Ianniello ha sottolineato che “le problematiche che emergono nel nostro territorio sono molto sentite anche a livello nazionale: l’Ordine dei medici ha predisposto un documento, recentemente discusso anche presso il Senato, in cui si davano indicazioni in merito alle nostre idee per implementare la medicina del territorio. Purtroppo, oggi ci troviamo di fronte a problematiche ataviche perché abbiamo sempre immaginato una sanità in chiave ospedalocentrica.

“Gli insegnamenti che stiamo avendo dall’emergenza Covid-19 dovranno essere ben utilizzati: la parola più importante da adottare in futuro sarà sicuramente prossimità per essere quanto più possibile vicini al domicilio del paziente, sia tramite il medico di medicina generale che tramite altre figure che lo possono affiancare come l’infermiere di comunità o gli specialisti”.

 

“La medicina generale così come quella “in generale” è stata colta impreparata dall’evento pandemico” ha aggiunto Vincenzo Luciani. “Questo fa il paio con il definanziamento che è stato attuato nel corso degli anni per tutti il comparto sanitario e per quello della medicina generale in particolare. Si sono volute creare, nel corso del tempo, strutture che avessero in piccolo l’organizzazione di tipo ospedaliera e sul territorio questo modello non può andare bene. Tutti gli attori del sistema sanitario si stanno spendendo al di là delle proprie forze per dare una risposta alle necessità delle persone, ma il problema è strutturale oltre che vecchio e ha a che fare con la carenza di personale medico, paramedico ma anche amministrativo. A tal proposito credo che l’infermiere di famiglia sia un’ottima idea a patto che lavori in micro team sia con il medico di famiglia che con altre professionalità come può essere quella dello psicologo di famiglia. In provincia di Benevento abbiamo, inoltre, avviato due aggregazioni funzionali territoriali (composte rispettivamente di 23 e 24 medici), cioè un insieme di medici di famiglia, che garantiscono un servizio di assistenza ai pazienti dalle otto del mattino alle otto della sera”.

 

Pasquale Zagarese ha affermato: “I bisogni del territorio si sono acuiti negli ultimi tempi, penso all’aumento delle povertà ma anche delle tensioni sociali, facendo in modo che si ampliasse la forbice tra benestanti e non. L’epidemia che ci ha colpito ci sta facendo scoprire tanti disagi ma penso che anche dal male si può ricavare il bene a patto di lavorare bene e con impegno. Se è vero come è vero che bisogna potenziare l’esistente, credo anche che per il futuro si indispensabile favorire collaborazioni del mondo sanitario con l’esterno come enti del terzo settore, del volontariato e con le istituzioni”.

 

Gennaro Volpe ha dichiarato che “la pandemia ha messo a nudo il nostro sistema sanitario facendo capire che un sistema ospedalocentrico fallisce quando non c’è una forte medicina di territorio. Voglio sottolineare in maniera particolare che proprio la medicina del territorio nel corso degli ultimi anni ha avuto un forte definanziamento mettendo i distretti sociosanitari, ovvero i luoghi in si praticano i principi fondamentali della medicina territoriale, in difficoltà. Dal mio punto di vista è fondamentale valorizzare i distretti dando precisi mandati: il distretto, infatti, è centrale perché coordina le attività sociosanitarie e perché deve coordinarsi con le attività ospedaliere.

Allo stesso modo è fondamentale la domiciliarità che, fino a prima della pandemia, molti non avevano capito: l’home care team è indispensabile per mettere in gioco la medicina territoriale contando sulle competenze di tanti professionisti”.

“Altro punto fondamentale – ha continuato Volpe – è quello della medicina generale e penso alle aggregazioni funzionali territoriali che possono, all’interno del distretto, prendere in cura il paziente ricevendo risposte ben precise in maniera particolare per quanto riguarda le malattie croniche tramite anche cartelle cliniche telematiche condivise.

In tal senso sarà decisivo avere strutture per le cure intermedie per permettere che i pazienti, una volta dimessi dagli ospedali, possano essere presi in cura a livello domiciliare. Posso, inoltre, annunciare – ha concluso il Direttore Generale Volpe – che tra qualche mese partirà a Cerreto Sannita l’hospice per i malati terminali oncologici, che per me significa anche adempiere ad un obbligo morale”.