Sommersi dalla crisi, riemersi dal fango” è il titolo del Dossier 2015 di Caritas Benevento che sarà presentato sabato 15 ottobre 2016, primo anniversario dell’alluvione, presso la Sala Conferenze della Cittadella della Carità “Evangelii Gaudium” in via San Pasquale, 11.
Nel 2015 il mondo ha vissuto una serie di eventi drammatici e dolorosi: pensiamo alla guerra civile in Siria, agli attacchi terroristici a Parigi (che hanno aperto e chiuso l’anno), ai terremoti, agli uragani, alle inondazioni che hanno sconvolto, tra gli altri, anche il territorio sannita, alle stragi dei migranti che hanno perso la vita nel Mediterraneo (3.771 secondo il drammatico bilancio reso noto dall’Oim) e agli arrivi di coloro i quali (più di un milione) sono riusciti faticosamente ad entrare in Europa, una moltitudine di uomini, donne e bambini che ha superato di quattro volte il numero registrato nel 2014 e che pone il nostro Paese al secondo posto dopo la Grecia per numero di profughi arrivati nel 2015 (precisamente 150.317) .
Il 2015 è stato l’anno in cui abbiamo scoperto di essere vulnerabili e poco efficienti, di non sentirci veramente al sicuro da nessuna parte, di dover rivivere le guerre di religione che credevamo cessate con la fine del Medioevo ma che, evidentemente, non si sono mai spente.
Il 2015 è stato anche l’anno in cui in tanti, nel nostro paese, avevano riposto speranze di un futuro migliore, tante famiglie, tanti lavoratori, tanti disoccupati, tanti giovani. (…)
(…) Dal 2007 (anno precedente all’inizio della recessione Italiana) ad oggi la povertà assoluta è più che raddoppiata, passando da 1,8 milioni di persone a circa 4 milioni. La situazione risulta perfino più critica se si considera il fatto che la recessione ha colpito maggiormente le aree più deboli del nostro Paese, lasciandolo, dunque, ancora più diviso rispetto al passato e con una diseguaglianza diffusa in continua e costante crescita.(…)
Gli anni della recessione ci hanno restituito una realtà amara che fatica a risanarsi, in particolare al Sud, e che fa emergere i suoi effetti negativi anche sul benessere psicologico delle persone, comportando un complessivo peggioramento della qualità della vita.
Eppure, paradossalmente, è proprio in questi anni che ci si è dovuti interrogare sul proprio modus vivendi, si è dovuto mettere in campo nuovi valori e nuovi orientamenti etico-culturali, abbandonare vecchie abitudini ed accogliere nuove esperienze volte all’arricchimento personale, alla ricerca di relazioni più distese con l’altro, all’acquisizione di una rinnovata sensibilità anche nei consumi “comprando meno e consumando tutto”, bandendo quella “cultura dello scarto” di cui parla Papa Francesco.
La crisi economica, in tal senso, si potrebbe leggere al contrario, come un’opportunità di recupero di vecchi modelli di vita ormai abbandonati dalla società del benessere, modelli che potrebbero rappresentare la chiave di volta per riscoprire il senso più profondo dell’esistenza, il valore delle relazioni con l’altro e del proprio cammino personale discreto ed autentico, che non è frutto della casualità che disorienta, ma dell’accoglienza e dell’ascolto che rendono ciascuno soggetto amato ed amante.
L’avvento della società dei consumi, dietro la garanzia di un’apparente libertà assoluta, ha cominciato un’opera di omologazione capace di abbattere ogni autenticità e concretezza: non si accontenta più di un “uomo che consuma”, ma sostiene che non siano concepibili altre ideologie se non quella del consumo, facendo in modo, così, che il consumismo diventi “il nuovo vangelo”, adottato dai governi di tutto il mondo e capace di scatenare uno degli istinti più pericolosi del genere umano: l’avidità.
L’ascolto quotidiano dei nostri poveri ha reso il compito di noi operatori Caritas ancora più delicato se pensiamo alle difficoltà spesso incontrate nella volontà di smantellare a poco a poco questa ideologia del “consumo per il consumo”, che promette la felicità al consumatore, mostrandogli quanto sia a portata di mano, ma offrendogli solo un istante di euforia in un contesto di infelicità.
E adesso che, dopo anni e anni di pubblicità che spingevano a possedere sempre di più e a circondarsi di oggetti inutili, il potere di acquisto è crollato, ci si accorge di come il consumismo stia crollando con lui.
Ciò significa che occorre necessariamente fermarsi, magari fare un passo indietro nella corsa al superfluo ed essere pronti a vivere con serenità la decrescita, abituando a quest’idea le persone che incontriamo, che ci chiedono di essere ascoltate, che per anni sono state vittime di un sistema ormai deteriorato.
Una maggiore sobrietà, anche a livello personale, la condanna di ogni forma di ostentazione, inclusa la vacuità degli eccessi del consumismo, sono solo alcuni degli obiettivi educativi a cui abbiamo il dovere (in quanto Caritas) di aspirare e che siamo tenuti ad infondere, in virtù di quel ruolo pedagogico tanto ambìto ma mai pienamente conquistato.
La decrescita a cui stiamo assistendo, malgrado tutto, potrà almeno migliorare i rapporti interpersonali e con l’ambiente e far riscoprire la centralità del valore dell’“Ascolto”, attraverso cammini appropriati, fatti anche di momenti di confronto e di assistenza, che renderanno sempre più credibile questo proposito.
I nostri dati di “Ascolto” dicono che, in generale, il 2015 ha visto un decisivo aumento delle richieste di ascolto approfondito, passando dall’11,6% del 2014, all’attuale 26%. Dato significativo, questo, che, da un lato, dimostra la volontà di crescita delle persone nella relazione con l’altro, attraverso il confronto che aiuta ad uscire dalla solitudine ed a trovare eventuali alternative alla condizione di disagio vissuta e, dall’altro, evidenzia la capacità e l’esperienza acquisita negli anni dagli operatori nel sapersi porre come soggetti che si impegnano ad offrire un supporto non solo materiale ma, spesso, soprattutto psicologico agli assistiti, nell’intento di accompagnarli nel consolidamento della propria autonomia e della propria autostima, laddove la società contemporanea tende ad annientarla.